Qualità e difetti della birra
Le qualità ed i difetti principali della birra sono apprezzati con l’ausilio della vista, dell’olfatto e del palato. Con la vista viene giudicato il colore, la brillantezza e l’aspetto della schiuma, con l’olfatto il profumo e gli eventuali odori estranei, ed infine col palato il gusto con tutte le sue complesse sfumature. Vediamo ora brevemente quali sono i principali caratteri che determinano la qualità della birra:
COLORE:
l colore dipende dal tipo di birra che si desidera produrre.
I tipi Pilsen sono caratterizzati da una colorazione gialla brillante, priva di toni rossastri. In linea di principio si cerca di ottenere, per le birre bionde speciali, un colore giallo pallido brillante molto apprezzato dai conoscitori. Responsabile del colore sono principalmente: l’orzo, l’acqua ed il metodo di fabbricazione.
* Orzo: nelle scorze dell’orzo sono racchiuse le sostanze coloranti. Queste dipendono da diversi fattori, quali: le condizioni atmosferiche (le stagioni piovose danno orzi grigiastri e scuri alla base) o anche l’umidità dell’orzo durante la torrefazione, etc.;
* Acqua: la composizione salina dell’acqua di miscela ed il suo effetto acidificante sul mosto sono importanti per la colorazione della birra;
* Metodi di fabbricazione: la caramellizzazione durante la cottura, l’ossidazione del mosto al rinfrescatoio così come l’ossidazione dei tannini e degli zuccheri riducenti, infine, eventuali incidenti di fabbricazione, quali la dissoluzione di metalli ed una ossidazione troppo spinta possono aumentare o comunque modificare la colorazione.
BRILLANTEZZA:
La brillantezza è ottenuta eliminando dalla birra le sostanze che essa contiene in sospensione (lieviti) e in dispersione (sostanze proteiche).
La brillantezza è una caratteristica richiesta dalla moderna clientela; essa però si ottiene soltanto a detrimento della pastosità e del corpo della birra. I seguenti fattori sono determinanti su di essa:
• Una buona separazione del trub caldo in caldaia ed un buon deposito di torbido dopo una sosta sufficientemente lunga al rinfrescatolo;
• Eventuale filtrazione del mosto;
• Flocculazione del lievito alla fermentazione ed un deposito che assicura una buona chiarificazione alla stagionatura;
• Durata e temperatura della stagionatura;
• Sistema ed intensità della filtrazione.
In relazione alla sua composizione, al momento della spillatura, al sistema di filtrazione ed ai possibili imprevisti, la birra si intorbiderà più o meno rapidamente, il torbido della birra può derivare da due cause ben diverse: da infezione biologica o da modificazione colloidali.
1. I torbidi di natura biologica
I torbidi di natura biologica sono prodotti da microrganismi e sono frequenti, poiché la birra è debolmente alcolica e costituisce un terreno favorevole offrendo scarsa resistenza all’insorgenza di malattie provocate da organismi (infezioni). Le principali fonti di infezione si hanno al raffreddamento del mosto, alla lievitazione ed alla spillatura, ma ciò non esclude la possibilità di infezioni anche in fermentazione, in cantina di deposito ed alla filtrazione. I microrganismi più frequenti nella birra sono: i lieviti di coltura, i lieviti selvatici, i saccarobacilli, le sarcine, i lattobatteri. Solamente una pulizia rigorosa durante tutto il ciclo di lavorazione della birra può evitare l’insorgere di infezioni. L’aggiunta alla birra di prodotti antisettici potrebbe impedire lo sviluppo di infezioni, ma la legislazione italiana vieta questo impiego, con una restrizione che riguarda soltanto la birra, obbligando il tecnico a lavorare in condizioni di assoluta pulizia e sterilità.
2. i torbidi colloidali
I torbidi colloidali prendono avvio da una flocculazione di sostanze azotate o amidacee. La birra contiene in sospensione queste particelle, normalmente invisibili ad occhio nudo, ma che ingrandendosi progressivamente si rendono visibili dopo un certo periodo di tempo. Esse provocano dapprima un velo nella birra, e poi si depositano formando un vero e proprio precipitato. La formazione del torbido colloidale dipende da diversi fattori quali: il tenore in azoto, le dimensioni iniziali della particella, la temperatura, l’aerazione, la presenza di sali o metalli, la luce, l’agitazione, il sistema di filtrazione, etc.
I torbidi colloidali contengono una forte proporzione di tannini. I principali torbidi colloidali vengono così distinti:
• Torbido amidaceo, che proviene da una incompleta saccarificazione o da una ridissoluzione dell’amido durante il lavaggio delle trebbie, specialmente se questo è effettuato a temperature superiori ai 78°. E’ caratterizzato da un appannamento persistente della birra.
• Torbidi da sostanze azotate sono i più frequenti e possono presentare diverse caratteristiche:
– Il torbido da freddo è formato dal deposito di un complesso tanno-proteico meno solubile a freddo che a caldo. E’ reversibile, cioè scompare quando la birra viene riscaldata a temperatura ambiente. La sua comparsa denota fragilità e mancanza di stabilità nella birra.
– Il torbido da chocs o vibrazioni. E’ irreversibile, ma poco frequente.
– Il torbido da pastorizzazione. Si verifica in seguito ad ossidazione dei tannini, conseguente al riscaldamento;
– I torbidi tanno-proteici sono precipitati irreversibili, originati dalla combinazione di proteine con metallo. Bisogna evitare il contatto della birra con Sn, Cu e Fe.
• Torbido da ossalato. Il contatto prolungato della birra con una parete dà luogo alla formazione di un deposito o tartaro, solubile in acidi o in alcali. Il torbido da ossalato può prodursi quando una massa filtrante (massa, cartoni) è carica di carbonato di calcio. Per eliminare un tale inconveniente è opportuno trattare con acidi una massa filtrante nuova prima del suo impiego. Per evitare i torbidi colloidali senza dover ricorrere a sistemi artificiali, si prendono i seguenti accorgimenti:
– impiego di malti ben disgregati;
– deposito prolungato a bassa temperatura;
– imbottigliamento in assenza di aria.
Tuttavia questi rimedi naturali sono insufficienti, soprattutto nel caso di birra da avviarsi alla pastorizzazione o destinata alla esportazione. Si ricorre allora a trattamenti speciali, che possono essere classificati in quattro gruppi:
1. precipitazione delle sostanze azotate prima della filtrazione;
2. loro demolizione mediante enzimi proteolitici;
3. loro eliminazione mediante composti adsorbenti;
4. eliminazione del biossido di ossigeno per aggiunta di riduttori.
La precipitazione si ottiene per aggiunta di tannino in dosi di 2 -5 g/hl. Questo metodo è molto delicato, perché può influenzare la qualità della birra.
Lo sdoppiamento delle sostanze azotate a mezzo di enzimi è il metodo più impiegato ed anche il più efficace. Gli enzimi proteolitici, in commercio con il nome di collupulin, maltolisin, etc. diminuiscono il contenuto di sostanze azotate complesse. Sono aggiunti generalmente ai tanks di deposito o di pressione prima o dopo la filtrazione, ma in ogni caso prima dell’imbottigliamento (10 – 15 gg prima in media).
Gli adsorbenti, quali l’amianto, il carbone attivo, la bentonite, il deglutan, etc. costituiscono sistemi efficaci per la eliminazione dei torbidi colloidali.
I riduttori infine contribuiscono, con la loro capacità di eliminare l’ossigeno libero, ad aumentare la durata della stabilità colloidale della birra. I riduttori più impiegati sono: l’acido ascorbico (vitamina C) ed i solfiti.
Anche i “riduttoni”, che sono composti riducenti fabbricati a partire dagli zuccheri, convengono perfettamente allo scopo.
IL GUSTO:
Il gusto varia secondo il tipo di birra, ma deve essere in ogni caso franco, puro e deciso. Non vi si deve scorgere alcuna traccia di gusto di cantina, di torbido, di lievito, asprezza, etc. I principali tipi di birra sono caratterizzati da un gusto determinato: le birre di Monaco hanno un forte carattere aromatico di malto, le birre di pilsen sono fortemente luppolate, le birre di Dortmund presentano caratteri intermedi.
1. La pastosità:
la pastosità detta anche abboccato o corpo della birra, nasce dalla presenza di colloidi idrofili e da micelle allungate provenienti principalmente dalle sostanze azotate complesse. Si realizza dunque immediatamente che la pastosità contrasta con la stabilità colloidale e con la brillantezza della birra. Ogni eliminazione di sostanze azotate per via naturale o artificiale avviene dunque a discapito della pastosità.
Si può favorire la formazione di un corpo della birra mediante l’impiego nella fabbricazione di orzi ricchi di azoto, o anche favorire la formazione di melanoidine alla torrefazione, lavorando con tempere dense a 50° e a 62°-63° ed infine attuando una fermentazione piuttosto lenta. Anche il luppolo svolge un ruolo importante sulla pastosità, così come l’alcool. Il carattere di pastosità è legato al tipo di birra; così le birre scure caratteristiche per il loro “abboccato” saranno in ogni caso più corpose delle bionde. Tuttavia un eccesso di pastosità non è auspicabile può coprire gli altri caratteri e dare una birra eccessivamente densa e poco disalberante.
2. l’aroma:
l’aroma della birra è dovuto alla sovrapposizione di tre fattori essenziali:
– l’aroma del malto;
– degli olii essenziali del luppolo;
– degli alcoli secondari, esteri ed acidi formati dalla fermentazione.
L’ultimo fattore, detto anche il “bouquet” della fermentazione, è il più importante e dipende dalla razza di lievito utilizzata.
La birra, grazie alla sua composizione colloidale, fissa e trattiene facilmente le sostanze odorose e sapide, in quantità tali da poter essere apprezzate dal naso e dal palato.
Il gusto di muffa, ad esempio, può provenire da una massa filtrante rimasta inutilizzata per un cero tempo e può rendere la birra imbevibile. Un sapore di muffa meno pronunciato può provenire da un malto ammuffito, da un luppolo mal conservato, da cantine umide, da una cantina fossile scadente, etc.
Anche un gusto di fumo può deprezzare la birra, esso proviene solitamente dal malto (torrefazione) e dal luppolo (essiccamento).
Il gusto della cantina, assai frequente, deriva da fermentazioni secondarie. Il gusto di lievito è anche esso frequente e deriva dalla autolisi del lievito. Il gusto di birra vecchia può essere provocato da una abbondante presenza di sarcine nella birra. Il gusto di pastorizzazione ed il gusto di sole sono caratterizzati da un sapone di pane bruciato o cotto e, come indica il loro stesso nome, si manifestano alla pastorizzazione o per esposizione della birra al sole.
3. il gas carbonico:
Ad esso è dovuto la minore o maggiore frizzantezza della birra. Per esplicare il suo effetto la CO2 deve essere legata alla frazione colloidale della birra e liberarsi gradualmente. Il carattere frizzante è provocato dalla liberazione della CO2 in bocca. Le birre non abbastanza sature o che trattengono poco il gas carbonico, sono piatte e prive di carattere.
Per ottenere una buona saturazione bisogna che la fermentazione secondaria sia attiva e condotte a bassa temperatura, e che non sia ne troppo breve ne troppo lunga.
4. l’amaro:
il carattere amaro deriva essenzialmente dal luppolo e solo in parte dal malto. Diversi fattori, quali la composizione dell’acqua, il metodo della fabbricazione e di fermentazione soprattutto, hanno grande influenza sull’amaro. Esse devono comunque essere gradevoli e non lasciare gusti residui.
SCHIUMA:
La schiuma è la cornice indispensabile di un bicchiere di birra; d’altronde una schiuma densa è garanzia di birra pastosa. Diversi e complessi fattori concorrono nella formazione di una schiuma, esaminiamoli per ordine:
– la formazione della schiuma; cioè l’attitudine della birra a formare la schiuma;
– la stabilità e la finezza della schiuma;
– il suo stato fisico.
La birra racchiude in genere 3,5 – 5 gr di CO2 per litro in stato di sovrasaturazione. L’equilibrio è ottenuto mantenendo la birra sotto una pressione di almeno 3/10 di atm. Quando questa pressione scompare, come in un bicchiere per esempio, la CO2 si sviluppa in fine bollicine e produce la schiuma, grazie alla presenza nella birra di diversi collodi che fungono da supporto alla schiuma stessa.
La schiuma è tanto più stabili quanto più fini sono le bollicine. La finezza delle bollicine dipende dallo stato colloidale, dalla tensione superficiale, dalla saturazione, dalla presenza di aria, etc. I collodi che intervengono nella schiuma sono le proteine mediamente degradate, quali gli albumosi. Si cerca quindi di ottenere la formazione di questi composti intermedi della degradazione proteica nel malto e nel mosto, mediante una particolare condotta di maltaggio e di ammostatura. Anche le resine del luppolo hanno una influenza favorevole sulla formazione della schiuma.
La compattezza della schiuma è dovuta ad una leggere coagulazione di colloidi nelle pellicole liquide che circondano le bollicine di CO2. alcuni fattori contribuiscono alla formazione di una schiuma compatta e stabile: orzi ricchi di azoto,malti non troppo disgregati, ammostatura lenta, forte luppolamento, fermentazione a bassa temperatura, aggiunta di krausen. Altri fattori accidentali, quali la dissoluzione del ferro, possono migliorare la compattezza della schiuma.
Il principale nemico della schiuma è il grasso, l’aria mal depurata, impiegata come agente di contropressione, può nuocere alla schiuma. Anche i bicchieri sporchi e unti adoperati spesso nei locali per la mescita della birra pregiudicano la tenuta della schiuma; il pochi istanti il paziente e meticoloso lavoro del birraio, volto ad ottenere una schiuma densa e consistente, va distrutto a causa di una simile mancanza di cura.
VALORE ALIMENTARE:
La birra deve il suo favore presso il pubblico più alle sue proprietà dissetanti e organolettiche che al suo valore nutritivo. E’ una bevanda igienica nella quale è pressoché impossibile lo sviluppo di batteri patogeni, ed il cui moderato grado alcolico non esercita una azione prolungata sul sistema nervoso. I principi amari del luppolo e la CO2 esercitano una favorevole influenza sulle secrezioni gastriche.
Il valore nutritivo della birra è dovuto alle proteine ed agli idrati di carbonio in esso presenti. Nella birra si trovano le vitamine del gruppo B provenienti dal lievito.
La birra, unica fra tutte le bevande, costituisce un alimento completo; essa è inoltre di facile digeribilità, poiché tutti i costituenti del suo estratto provengono dalla degradazione dei costituenti dell’orzo e si trovano dunque ad uno stato già avanzato di demolizione.
Il lavoro digestivo che deve fornire l’organismo umano è in essa già parzialmente svolto.